Ad esser onesti è lo scopo recondito del blog, data l’età e la
propensione a dimenticare per non immagazzinare troppi dati nel
cervello.
In realtà dovrebbero essere brevi note personali, da tenere sul desktop
del computer. Ma in un’era in cui i panni sporchi si candeggiano su
Facebook e gl’intimi segreti percorrono le vie di Twitter, perché non
farne un blog, una specie di taccuino virtuale, appunto.
Stavolta, però, prima che mi dimentico, abbiamo segnalato i
ritrovamenti, in modo che, volendo tagliare un po’ l’erba per fare dei
percorsi, non andiamo a segare via proprio loro. Non ne avevo mai visti
prima, fino al ritrovamento del 3 novembre: l’Argiope aveva fabbricato
un bellissimo ovisacco. Pochi giorni dopo, una seconda Argiope
bruennichi aveva costruito la sua tela a meno di un metro di distanza e,
passati una quindicina di giorni, è apparso un secondo ovisacco.
Tutte e due sono tornate alla tela, nonostante il freddo e la pioggia.
Non ho avuto possibilità di tornare in campagna fino a ieri, 1 dicembre.
Subito ho controllato le Argiopi. Non c’erano più. Peccato, ma in fondo
era giunto il loro tempo.
Controllando il terreno attorno, centimetro per centimetro, a circa due
metri ho trovato tre ovisacchi a breve distanza l’uno dall’altro,
diversi dagli altri per le dimensioni, molto più piccoli, meno della
metà. Chissà perché sono così piccoli, forse non sono di Argiope? O
magari si tratta di Argiope lobata?
Tornando ai primi due, abbiamo deciso di mettere un segnale. Franco mi
fa vedere il secondo, mentre io guardo il secondo in un’altra direzione.
Allora sono tre! Cercando bene, ce ne sono altri due, nuovissimi.
Vicino al quinto, un’Argiope si trascina lentamente, sfinita, ormai
priva di forze. Poveraccia. Ha fatto un gran lavoro. Se sono suoi almeno
due, sono davvero grandi e perfetti.
Su otto ovisacchi, quali saranno le probabilità di nascita? Bisognerà
aspettare fino a giugno del prossimo anno, sei mesi almeno. Un’attesa
lunghissima.
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